Assetti organizzativi: da obbligo ad opportunità

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Ultimamente si sente molto parlare di adeguati assetti organizzativi, ma purtroppo quasi solo collegati all’obbligo che scaturisce dall’ entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza.

All’art. 2086 del Codice Civile lo dice molto chiaramente: “L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i collaboratori”.

E continua “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa,….”.

Oggi vorrei soffermarmi su una sola parola di quelle citate finora: la parola “anche”. 

 Assetti organizzativi: da obbligo ad opportunità

Peccato, perché ragionare sull’ adeguato assetto organizzativo che ogni impresa dovrebbe avere è molto più di un obbligo: è una vera opportunità

Che risulta difficile cogliere se viene vissuto come un dovere di legge……

Proviamo oggi a capire perché è così attuale e fondamentale ritornare a parlare di assetto organizzativo e di che cosa si tratta davvero.

Che cos’è l’assetto organizzativo

Quando si parla di assetto organizzativo si intende “l’insieme di variabili che consentono di determinare la modalità con cui il lavoro è suddiviso e coordinato all’interno dell’azienda tra risorse umane e congiuntamente alle altre tipologie di risorse aziendali”.

In pratica l’assetto organizzativo è la combinazione di questi tre elementi:

1- la struttura organizzativa, intesa come le modalità di divisione e di specializzazione dei compiti e dei relativi meccanismi di coordinamento;

2- i meccanismi operativi, ovvero l’insieme dei processi che fanno funzionare operativamente il sistema organizzativo;

3- lo stile direzionale o stile di leadership, cioè i criteri che si sceglie di adottare nella conduzione dei soggetti all’interno dell’azienda.

Fermati e pensa: la tua azienda è ok su questi tre punti?

Ripensare gli assetti organizzativi

Ci sono fasi particolari della vita di un’impresa in cui bisogna ripensare l’assetto organizzativo. Sono i momenti di cambiamento, che possono dipendere da variabili di due tipi:

  • endogene: cambiamenti che avvengono all’interno dell’organizzazione, come ad esempio un passaggio generazionale, l’improvviso licenziamento volontario o pensionamento di una o più persone con ruoli chiave, l’introduzione di innovazione tecnologica e/o digitale;
  • esogene: cambiamenti che avvengono all’esterno dell’organizzazione e che ne influenzano la gestione. Basti pensare a quello che è successo negli ultimi due anni, dal Covid 19 alla guerra in Ucraina e le loro conseguenze. O alle continue innovazioni di prodotto e servizio, collegate all’evoluzione dei processi di acquisto e consumo dei propri clienti. Per non parlare della concorrenza in molti ambiti ormai globale e la presenza di un’infinita quantità di alternative al prodotto e servizio offerto dalla tua impresa, facilmente rintracciabili con un click in ogni angolo del pianeta.

Pensare al futuro delle imprese anche in termini di assetto organizzativo è fondamentale per rimanere competitivi. E’ fondamentale per poter esserci ancora, in futuro, su questo mercato complesso!

Quindi, più che un obbligo, è una necessità.

I 3 step per ripensare agli assetti organizzativi

Ecco i 3 step da cui partire per ripensare l’assetto organizzativo:

1- ri-definizione del modello di business, attraverso tecniche di business design partecipato, che includono anche l’analisi e la ricerca utenti (qui trovi un test per autovalutare quanto è potente il modello di business della tua impresa).

E’ un’attività che risulta efficace se e quando non viene svolta solo dall’imprenditore, ma coinvolgendo le risorse umane chiave. Si sta infatti tracciando la nuova rotta, definendo nuove mete: è una partita che dovranno giocare tutte le risorse umane che lavorano in quell’impresa;

2- rilevazione dei gap organizzativi rispetto ai nuovi obiettivi: stabilito dove si vuole andare, va scattata un’istantanea di come si presenta oggi l’organizzazione, con i suoi punti di forza e di debolezza. E’ una fase in cui è fondamentale mettersi in ascolto e mappare in maniera precisa l’organizzazione con le sue attuali attività, processi e ruoli, senza paura di mostrare le inefficienze;

3- ri-organizzazione, che prevede una ridefinizione di ruoli, mansioni, attività e processi. Più questa fase è condivisa e prevede il coinvolgimento di diversi dipendenti (anche tutti nelle imprese di minori dimensioni) più sarà semplice attuare il cambiamento.

Calare dall’alto i cambiamenti non è mai una buona idea, perché siamo tutti creature di abitudine e qualsiasi cambiamento lo attuiamo volentieri solo se ne intravvediamo i reali benefici.

Un’attività strategica

Il lavoro appena illustrato non si esaurisce in poche settimane: è un’attività strategica, che richiede tempo, energia.

Piano Bis è al fianco delle organizzazioni che vogliono ridefinire la loro organizzazione interna e cercare di far lavorare al meglio ed in maniera efficiente ed efficace ogni dipendente dell’impresa.

Il prezzo che si può pagare oggi senza attuare un percorso di questo tipo è alto: la disaffezione dei dipendenti, con conseguente calo della produttività e, come sta succedendo sempre più spesso, frequenti licenziamenti con difficoltà nel trovare sostituti.

Ricorda: “Non dire di nessuno dei tuoi dipendenti: non va bene. Sei tu che non vai bene: perché non sai collocarlo nel posto in cui può funzionare” (San José Maria Escrivà De Balaguer).

Forse questo è uno degli obblighi più importanti, anche se non è descritto in nessuna legge!