Problem solving nella gestione di collaboratori: cercare cause o soluzioni?

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Il Leader cerca  le cause o le soluzioni?

Ricercare la causa di un problema ci spinge a ricercare il colpevole, rischiando non solo di perdere tempo ma anche stima, fiducia, motivazione tra i collaboratori.

Prendiamo il caso di un’azienda in una fase critica del suo sviluppo.

Il leader è intenzionato ad uscire dalla crisi e a raggiungere nuovi obiettivi coinvolgendo il team, richiedendo responsabilità e impegno.

Se da un lato è consapevole dell’utilità di tale coinvolgimento, dall’altro riconosce dei problemi che possono ostacolarlo: conflitti, invidie, poca collaborazione e frequenti litigi tra persone che non sa più come risolvere.

Qual é la causa o di chi è la colpa?

Probabilmente di “Luca invidioso di Maria” poiché più giovane e brava di lui e di Giulia non in grado svolgere le mansioni assegnate che continua a sbagliare.

Problemi di relazione, comunicazione, delega e capacità personali.

Se si cerca solo il colpevole…

Individuati i presunti colpevoli e scoperta la radice del problema in un continuum incapacità/capacità, il leader prenderà in mano la situazione e si muoverà alla risoluzione del problema, come è giusto che sia.

Cosa farà?

Potrebbe sostituire Luca e Maria, privilegiando uno o l’altro, inviandoli a partecipare all’ennesimo corso di crescita personale;

Con Giulia, invece, preoccupato che lei possa sbagliare e perdere i clienti, stanco di ripeterle le solite cose ed in colpa per i continui rimproveri, aumenterà il controllo su di lei e in molti casi la sostituirà nel compito.

Cosa potrebbe succedere di conseguenza?

Alcuni si sentiranno colpevoli, altri più incapaci di quanto non lo siano già. Altri più privilegiati e quindi legittimati a ripetere i medesimi comportamenti che hanno portato a creare il problema, con conseguenze su motivazione e autostima dei collaboratori.

Nel leader, invece, sovraccarico di lavoro, stress e tempo dedicato a mansioni che non spettano a lui e perdita di vista dell’obiettivo: una situazione poco ideale per un’azienda in crescita, insomma.

Spesso accade che queste soluzioni funzionino ma fino a un certo punto. Se da un lato la ricerca della causa può aiutare a intervenire sul problema a breve termine, nel lungo termine presenta due rischi:

  1. fa perdere di vista l’obiettivo;
  2. crea altri problemi.

Cosa fare?

La ricerca andrebbe focalizzata non tanto su cause passate o incapacità personali, bensì all’analisi di tentate soluzioni disfunzionali che mantengono vivo il problema (e ne generano altri).

Tentate Soluzioni

Nel Problem Solving Strategico da cui si ispira questo articolo, le “tentate soluzioni” sono azioni che non danno risultati attesi e, se ripetute nel tempo, mantengono il problema invece che risolverlo.

Analizziamo le soluzioni del leader del nostro esempio, potremmo racchiuderle in due macro aree:

  • sostituire le persone in conflitto tra di loro, evitando che lavorino assieme;
  • controllare il lavoro dell’altro, rimproverarlo, fino a sostituirsi a lui.

Abbiamo visto come queste, se reiterate, generano a cascata altri problemi su collaboratori e leader. Cosa fare?

Problem Solving

Le tappe del problem solving ci aiutano proprio in questo, innanzitutto a:

  • focalizzare meglio il problema
  • definire obiettivi
  • analizzare le soluzioni disfunzionali
  • individuare soluzioni alternative
  • pianificare piccoli passi
  • aggiustare il tiro man mano che si va avanti.

Le tentate soluzioni contengono un effetto interessante:

imparare a riconoscere “ciò che non funziona” crea infatti nella mente una sorta di avversità verso le azioni che non funzionano, orientando l’attenzione e il comportamento verso soluzioni nuove e più efficaci.

Cosa succederà?

Se ti focalizzerai sulle tentate soluzioni che non funzionano, inizierai ad evitarle, cercandone di nuove ed alternative.

Torniamo al nostro esempio. Cosa potrebbe fare il leader di alternativo?

Essere lui il promotore della soluzione: proporre a Luca e Maria di lavorare a un progetto comune per raggiungere un obiettivo condiviso, in cui entrambi dovranno comunicare, dialogare, collaborare e incrociare le proprie competenze in relazione al ruolo e all’obiettivo: aldilà dell’età o di incapacità personali.

Con Giulia, accompagnarla in un processo di formazione e autonomia nella mansione, usando una comunicazione strategica ed efficace. Piuttosto che delegare rapidamente un compito (via mail o per telefono) senza ascoltare la sua opinione, sarebbe utile incontrarla di persona, condividendo “come intende procedere” – “quali problemi anticipa di incontrare” – “come intenderebbe risolverli”, aiutandola a trovare soluzioni in anticipo.

Piuttosto che controllare ossessivamente il suo lavoro e rimproverarla degli errori ormai passati, sarebbe utile monitorare il suo lavoro, non attribuire la colpa, non ricercare la causa ma guidarla alla ricerca di una soluzione efficace futura: quella che conta per risolvere il problema, far crescere i collaboratori, farli sentire responsabili e pronti per ogni situazione critica.

Come sostiene Roberta Milanese: “Per essere un buon leader delega, controlla, correggi facendo, finché i collaboratori riescono a ricoprire efficacemente il proprio ruolo”.

Bibliografia:

  • Problem Solving Strategico da Tasca (G. Nardone)
  • L’azienda vincente (Milanese, Prato, Nardone)